Se state programmando un weekend in una delle mete turistiche più gettonate d’Europa, segnatevi questa data: 15 giugno.
Potreste finire bagnati, e non solo dal mare o dalla pioggia estiva. Un’ondata di proteste contro l’overtourism si prepara a travolgere le città europee, guidata da Southern European Network Against Touristification, un collettivo che raccoglie oltre 60 gruppi attivisti impegnati a denunciare l’impatto negativo del turismo di massa sulla vita quotidiana dei residenti.
La mobilitazione promette di essere imponente: manifestazioni simultanee sono attese in Italia (Genova, Milano, Napoli, Palermo, Rimini, Venezia), Spagna (Bilbao, Cantabria, Isole Canarie, San Sebastián, Ibiza, Barcellona, Pamplona, Valencia, Maiorca), Francia (Marsiglia e Pirenei) e Portogallo (Lisbona). L’obiettivo è chiaro: disturbare simbolicamente i flussi turistici con azioni dimostrative – come il getto d’acqua di innocue pistole giocattolo – per richiamare l’attenzione sui danni sociali ed economici del turismo incontrollato.
Tra provocazione e denuncia
Dietro al gesto ironico si nasconde una protesta molto seria. I manifestanti denunciano un fenomeno che da anni sta trasformando i centri storici in parchi a tema, svuotando le città della loro identità e spingendo fuori i residenti. Aree un tempo popolari e vissute oggi sono colonizzate da alloggi turistici, rendendo impossibile per molti trovare una casa a prezzi accessibili.
L’esempio più eclatante è quello spagnolo, dove già nell’aprile scorso decine di migliaia di persone hanno marciato in oltre 40 città chiedendo provvedimenti urgenti contro la crisi immobiliare, aggravata dal boom degli affitti brevi. Già l’anno scorso, a Barcellona, alcuni turisti erano stati bersagliati con pistole ad acqua durante una manifestazione al grido di “turisti, tornate a casa”.
Misure insufficienti
A cercare di correre ai ripari è il premier spagnolo Pedro Sánchez, che ha annunciato un piano decennale da 1,3 miliardi di euro per costruire alloggi popolari, con l’obiettivo di creare 15mila nuove case l’anno. Ma secondo molti attivisti, si tratta di una risposta troppo lenta e poco incisiva di fronte alla rapidità con cui il mercato degli affitti turistici sta stravolgendo intere città.
In molti chiedono regolamentazioni più severe per le piattaforme di prenotazione, accusate di alimentare la speculazione edilizia e di favorire la gentrificazione, rendendo inaccessibili gli spazi urbani per chi ci vive da sempre. La protesta del 15 giugno apre dunque una riflessione più ampia: è possibile pensare a un turismo più sostenibile e rispettoso dei territori? Gli attivisti chiedono un ripensamento del modello economico fondato sull’afflusso incontrollato di visitatori, proponendo alternative che mettano al centro le esigenze di chi nelle città ci abita tutto l’anno.
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