Nel sangue e nella gloria, la fede che resiste nei secoli: 1.700 anni di persecuzioni

Nel sangue e nella gloria, la fede che resiste nei secoli: 1.700 anni di persecuzioni

Il 30 aprile 311 cessò l’ultima e più feroce persecuzione dei cristiani che, da otto anni, infiammava la parte orientale dell’Impero romano. A decretarne la fine fu un editto del Primus Augustus Galerio, colui che l’aveva iniziata insieme al collega Diocleziano. Queste le parole dell’editto di Serdica (l’odierna Sofia), riportate da Lattanzio: “Perciò, quando promulgammo un editto che imponeva loro [ai cristiani] di conformarsi agli usi degli antenati, molti sono stati perseguitati, molti sono stati anche messi a morte. Ciononostante, la maggior parte di loro persisteva nel proprio convincimento”.

In quel “molti”, secondo le stime moderne, si contarono tra i 3.000 e i 3.500 cristiani uccisi: una schiera di martiri che si univa a quella dei secoli precedenti. Uomini e donne che, nel rendere testimonianza a Cristo fino alla morte, «hanno lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello» (cfr. Ap 7,15).

Di alcuni di loro conosciamo i nomi, e le loro immagini sono custodite nelle nostre chiese. Le storie dei martiri sembrano appartenere a un passato lontano, ma il martirio non è confinato ai primi secoli del cristianesimo.

Anche oggi, in molte parti del mondo, i cristiani affrontano persecuzioni e violenze. Il rapporto World Watch List 2024, redatto dalla ONG PorteAperte/OpenDoors, ha registrato oltre 365 milioni di cristiani perseguitati nel mondo.
È di appena un mese fa, il 22 giugno scorso, l’attentato compiuto da fondamentalisti islamici contro la comunità greco-ortodossa di Damasco. Dei fedeli riuniti in preghiera nella chiesa di Mar Elia, più di 20 sono rimasti uccisi.
Colpiscono le immagini diffuse in Rete: i cristiani di Damasco, scesi in migliaia nelle strade, mostrano una fede che non cede al terrore, proprio come al tempo di Galerio e Diocleziano.

Come i martiri che cantavano e lodavano Dio prima della condanna a morte, anche oggi le comunità cristiane nelle zone di conflitto scelgono di restare salde, sapendo che la preghiera – anche sussurrata – è un atto di fede, resistenza e speranza.

Questo coraggio è una testimonianza potente per il mondo moderno, spesso distratto e impaurito. I martiri di ieri e i credenti perseguitati di oggi ci ricordano che la fede non è un sentimento superficiale, ma una forza viva, capace di resistere all’odio con la pace, alla violenza con la preghiera, alla morte con la speranza.

Nel sangue dei martiri e nella fede dei cristiani di Damasco, continua a brillare la luce del Vangelo.

Valerio Di Vico