È una visione fiduciosa, simbolica e spiritualmente densa quella espressa dal vescovo Giuseppe Marciante nel suo augurio a Papa Leone XIV, eletto lo scorso 8 maggio dopo la scomparsa di Papa Francesco e un conclave breve e felicemente sorprendente nell’esito.
Continuità e novità: è questa la chiave di lettura che il vescovo ha voluto offrire per salutare il nuovo pontificato. Papa Prevost si inserisce nella scia della tradizione, ma si affaccia con decisione sul versante delle sfide più urgenti della contemporaneità – prima fra tutte, l’intelligenza artificiale – con uno spirito improntato al dialogo, alla pace, all’inclusione, alla comunicazione. Quest’ultima molto cara al vescovo Giuseppe, il quale ha voluto fortemente anche il nostro giornale per innovare, informare e formare. Pensiero che si lega a doppio filo con Papa Leone XIV, il quale nel suo primo incontro pubblico ha voluto confrontarsi con gli operatori della comunicazione, ricordando l’importanza di “disarmare” le parole poiché “viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare che rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire. Al contrario – ha detto il Santo Padre – essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità. La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia”.
“Raccolgo alcuni punti interessanti dal suo primo saluto al popolo di Dio – ha detto il vescovo Marciante –. Il Papa non ha detto semplicemente “la pace sia con voi”, come si usa nella liturgia, ma ha aggiunto quel “tutti” che, secondo me, lo caratterizza in modo particolare”. Un saluto pasquale, dunque, ma allo stesso tempo universale: una pace rivolta non solo ai fedeli, ma all’intera umanità, a chi è dentro e a chi è fuori dalla Chiesa. Una pace che si propone come disarmata e disarmante, capace di sciogliere i conflitti attraverso la mitezza. Il vescovo di Cefalù ha poi sottolineato la centralità del ruolo del Papa come pontefice, colui che costruisce ponti: “Cristo è il ponte che unisce gli uomini all’amore di Dio, e il Papa è chiamato a essere anch’egli un ponte per l’umanità: un ponte che crea legami, relazioni, dialogo, impresa, pace e serenità“. Ecco dunque l’importanza di disarmare le parole da ogni tipo di pregiudizio e rancore, facendola diventare strumento di amore e vita e non di morte.
Infine, l’auspicio, carico sicuramente di forza simbolica: “Auguro a Papa Leone due cose: di avere la forza del leone, che è la forza che viene dall’alto – come Cristo, il leone di Giuda – e la mitezza dell’agnello, la dolcezza del servizio e dell’amore. Il leone e l’agnello: due volti complementari del vero pastore”. Un augurio allo stesso tempo spirituale e umano, per un ministero petrino che sappia essere ponte tra le epoche e tra le persone, tra Dio e l’umanità, unendo autorità e servizio, forza e tenerezza, in un’epoca complessa contraddistinta da sfide decisive per la Chiesa e per il mondo.
Giovanni Azzara
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