Foto: Giacomo Sapienza
Una Cattedrale che ha visto la presenza dei presbiteri della Diocesi, quella di ieri sera a Cefalù, in occasione della Messa del Crisma, una delle celebrazioni più importanti dell’anno liturgico. A presiederla, il vescovo S.E.R. monsignor Giuseppe Marciante, che nell’omelia ha offerto alla comunità diocesana una profonda riflessione sul significato dell’unzione, della consacrazione e della missione della Chiesa.
“La Messa del Crisma rivela ogni volta un fascino particolare – ha detto il Vescovo – È la celebrazione in cui si benedicono gli oli dei catecumeni e degli infermi, e si consacra il Crisma per i sacramenti del battesimo, della confermazione e dell’ordine sacro. Ma è anche la Messa in cui ogni sacerdote rinnova le promesse del proprio sacerdozio, e in cui tutta la Chiesa riscopre la propria vocazione sacerdotale, profetica e regale”. Monsignor Marciante ha citato quindi il Concilio Vaticano II ricordando come la liturgia della Diocesi trovi il suo cuore nella celebrazione con la figura del vescovo: “Il popolo santo di Dio si raccoglie intorno al proprio Pastore, in una stessa preghiera, attorno allo stesso altare, per testimoniare l’unità della fede”.
Dall’unzione alla missione: la forza di una consacrazione
Nel cuore dell’omelia, il vescovo ha ripreso l’immagine biblica dell’unzione, che da Isaia a Gesù assume sempre un doppio valore: consacrazione e invio. “Non c’è unzione senza missione. Chi è stato unto, è anche mandato – ha ribadito – per portare gioia, curare le ferite, proclamare libertà, annunciare consolazione”. Un richiamo vibrante all’impegno di tutti i battezzati, che – ha ricordato – sono unti con lo Spirito per essere segno visibile dell’amore di Dio nel mondo. “Ognuno di noi, per il solo fatto di essere battezzato, profuma della gioia evangelica. Le mani del cristiano – come quelle del sacerdote – non sono più per possedere, ma per benedire, per servire”.
Una speranza per i popoli feriti: “Pensiamo a Gaza distrutta, all’Ucraina ferita”
Non è mancato, nella riflessione del vescovo, uno sguardo al mondo ferito dai conflitti. Ha citato infatti la striscia di Gaza, oggi in rovina, e l’Ucraina, “massacrata e distrutta da un conflitto che dura da tre anni”. Rievocando il profeta del post-esilio, Mons. Marciante ha parlato della responsabilità della Chiesa nel portare speranza, riconciliazione e pace. “È bello sapere che nei momenti di dolore e malattia, noi non siamo soli. La comunità cristiana – ha detto – si stringe attorno a chi soffre, come un solo corpo, con la preghiera e il calore fraterno. Anche questo è un frutto dell’unzione”. In conclusione, il vescovo Giuseppe ha ricordato le parole di Papa Benedetto XVI sull’unzione: “Il Signore ci ha imposto le mani e ora vuole le nostre mani. Non più strumenti per prendere, ma strumenti per servire”. E ha esortato la comunità diocesana a custodire con gratitudine il dono dell’unzione: “Siamo uomini dalle mani unte. Questo segno sacro ci ricorda chi siamo, e soprattutto, a Chi apparteniamo”.
Una celebrazione intensa, che ha toccato il cuore dei presenti e rinnovato il senso di appartenenza a una Chiesa viva, che – come ha detto il Vescovo – “profuma di Spirito Santo, di missione e di amore gratuito”. Al termine, i delegati delle varie parrocchie hanno attinto dai sacri vasi, i tre olii che saranno usati durante i riti e le celebrazioni dell’anno liturgico.
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