Tutto pronto a Palermo per il Festino di Santa Rosalia, giunto alla sua 401ª edizione, o meglio, come è stato significativamente definito, il “400+1”. Una formula che non indica solo una successione cronologica, ma un segno di continuità e rinnovamento, un messaggio che vibra con forza spirituale: la bellezza, per essere autentica, deve nascere dentro di noi.
La bellezza che redime: un messaggio spirituale
Il cuore del Festino 2025 si fonda su una riflessione profondamente religiosa, che l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, ha consegnato alla città come un appello accorato durante la conferenza stampa di questa mattina: “La bellezza la città non la recupera se non ritorniamo a coltivarla dentro. […] Non ci può essere bellezza nella città se ognuno non ritrova dentro la ricerca del bello”.
Parole che parlano di una visione teologica della bellezza, non come apparenza o estetica, ma come frutto di una coscienza risvegliata, una coscienza spirituale, umana e civile. Rosalia, la “Santuzza” che nel 1625 liberò Palermo dalla peste, è la donna bella perché bella dentro, perché ha coltivato in sé la bellezza della fede, del silenzio, dell’ascesi. È questa bellezza interiore, trasfigurante, che ha salvato la città allora, e che oggi è chiamata a farlo di nuovo.
Rosalia, modello di coscienza e purezza
Lorefice è stato chiaro: la vera sfida che Rosalia pone alla città è morale e spirituale. “Scuotere le coscienze”, ha detto, è il compito urgente. In un’epoca ferita da disvalori, indifferenza e superficialità, Rosalia ci ricorda che non si può edificare una città bella se prima non si edifica l’uomo, la sua interiorità, la sua capacità di orientarsi verso il bene, il vero, il bello.
“Dobbiamo ritornare a dare spessore alle nostre coscienze umane – ha insistito Lorefice – tutti, ognuno per quella che è la responsabilità che ha all’interno della città”. Una teologia della responsabilità personale: Rosalia non è solo una figura da celebrare, ma un modello di conversione e impegno per ogni cittadino, il suo eremitaggio sul Monte Pellegrino diventa simbolo di un cammino interiore che oggi è più urgente che mai.
Il carro dorato che attraverserà il Cassaro il 14 luglio non è solo un elemento scenografico: è una catechesi in movimento. L’arte, la musica, la danza, le luci sono linguaggi spirituali contemporanei, capaci di raccontare la santità come esperienza possibile, viva. Il secondo carro, che rappresenterà la città travolta dalla paura e dal disordine, sarà il necessario contrappunto al trionfo della luce: un simbolo del mondo ferito che attende liberazione. Il percorso in cinque tappe, ciascuna ispirata a un’opera d’arte palermitana, e la presenza delle reliquie della santa durante la processione del 15 luglio, suggellano l’unità tra spettacolo e liturgia, tra cultura e fede, tra celebrazione e rinnovamento interiore.
Speranza e bellezza: un binomio evangelico
Il sindaco Roberto Lagalla, parlando del legame tra il 400° e il 401° Festino, ha sottolineato la continuità tra speranza e bellezza: il 2024 come anno dell’invocazione, il 2025 come anno del ringraziamento. “Una bellezza che si riafferma – ha detto – che vale per la peste ma vale per ogni disvalore di ogni epoca”. Ecco allora che il messaggio cristiano si fa attualissimo: la bellezza è segno della salvezza che passa attraverso la speranza, la fede, la volontà di cambiare. In questo senso, il Festino diventa una Pasqua estiva: la città, ferita e disorientata, si lascia riplasmare dalla luce della santa, come il cristiano si lascia trasfigurare dalla luce del Risorto.
Il Festino ci chiede oggi: non solo ammirare, ma imitare; non solo celebrare, ma convertirsi. In una Palermo che guarda al futuro, l’unica bellezza che può davvero salvare è quella che parte dal cuore. E Rosalia, ancora una volta, che mostra la via.
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