Le due isole maggiori d’Italia, Sicilia e Sardegna, sono sempre più esposte agli effetti estremi del cambiamento climatico: lunghi periodi di siccità alternati a piogge violente e improvvise, frane, incendi e gravi difficoltà per l’agricoltura.
Un quadro preoccupante, delineato dal capo della Protezione civile nazionale, Fabio Ciciliano, in audizione alla Commissione parlamentare per il contrasto agli svantaggi derivanti dall’insularità. Secondo Ciciliano infatti, il deficit idrico delle isole è «particolarmente critico» a causa dell’impossibilità di creare una rete di interconnessione tra bacini fluviali, come avviene nelle regioni della terraferma. Ne consegue una maggiore difficoltà nel presidio del territorio, soprattutto nelle aree agricole interne, già segnate dallo spopolamento e dal progressivo abbandono. Il capo della Protezione civile ha sottolineato come proprio le zone colpite dagli incendi diventino più fragili sotto il profilo idrogeologico: «Il terreno bruciato è più compatto, quindi l’acqua non riesce a penetrare, viene dilavata via e rende il suolo meno adatto all’agricoltura».
Un contesto drammatico che in Sicilia è sotto osservazione da anni da parte del nostro vescovo, S.E.R. monsignor Giuseppe Marciante, da sempre attento ai temi ambientali e sociali. Fin dal suo insediamento, ha lanciato più volte l’allarme sullo spopolamento delle aree interne, sul degrado ambientale e sul rischio legato agli incendi boschivi: eventi che, negli ultimi anni, hanno devastato vasti territori, ucciso persone e animali, distrutto colture e generato terrore tra le comunità.
Marciante ha più volte ricordato come il presidio umano e agricolo dei territori interni sia fondamentale non solo per mantenere i giovani nel nostro territorio, tenere vive le tradizioni e l’economia locale, ma anche per la tutela ambientale: senza contadini, allevatori e guardiani della montagna, la natura resta esposta all’abbandono, all’incuria e agli effetti più estremi del clima.
E sul fronte della prevenzione incendi, la situazione non è incoraggiante: nel 2025, alcune regioni come Umbria, Molise e Puglia non avranno flotte aeree antincendio attive, mentre le isole restano le più vulnerabili.
Un’emergenza che chiede risposte concrete e tempestive da parte delle istituzioni, ma che passa anche da una rinnovata attenzione verso i territori più fragili. E da voci, come quella del nostro vescovo, che continuano a richiamare tutti – Chiesa, politica e società civile – a una responsabilità condivisa per la cura della “casa comune”.